Candelora Imbolc: il tempo della purificazione

31/01/2019by Redazione0

Ho il piacere di condividere le riflessioni di Micaela Balìce dal sito Strie sulla festa annuale della Candelora, chiamata Imbolc nei paesi anglosassoni, che coincide con una delle quattro stazioni intermedie poste tra Solstizi ed Equinozi.

Credits https://glastonburydragons.co.uk/

Come scrive Micaela in riferimento al calendario soli-lunare:

“Nel computo del tempo due sono i movimenti: il solare e il lunare. Il movimento solare ci indica il trascorrere dei giorni, dei mesi, delle 4 stagioni, degli anni. E’ indicato dal numero 12, ed è maschile. Il movimento lunare ci segnala le settimane, le notti, le mutazioni climatiche. E’ indicato dal numero 7 e dal 13, ed è femminile.”

E:

Le feste legate alla Ruota dell’Anno sono feste solari e quindi legate alle energie di tipo maschile: scandiscono equinozi e solstizi indicando la potenza e la durata della luce e del calore. Vengono chiamate Sabba.(…) Gli Esbat invece indicano le celebrazioni delle fasi lunari, ad energia di tipo femminile: questi scandiscono le settimane in una mutevolezza che ha generato, tra le varie cose, il termine lunatico.”.

La festa di Candelora, collegata al ciclo annuale, ci permette di entrare nel vivo della seconda importante stazione annuale dopo il Solstizio d’Inverno.

Buona lettura.

Il tempo della purificazione e il tempo della Madre

Nella ruota dell’anno, la Candelora è una sorta di porta tra l’inverno, oramai al suo declino, e l’imminente primavera.

E’ il periodo adatto ai riti propiziatori per attirare fecondità e fertilità, riti che saranno determinanti per l’annata agricola che sta per cominciare.

Questo passaggio contrassegna simbolicamente il transito dal “periodo oscuro” del calendario indoeuropeo contrassegnato dal freddo, dal buio e dalla morte dell’inverno verso il rinnovamento del cosmo che magnificamente si esprime con la primavera.

Le origini della Candelora vanno ricercate nelle antiche celebrazioni italiche, legate soprattutto alle divinità romane.
Nella Roma antica il mese di Febbraio era un momento contrassegnato dal caos, dal rimescolamento tra vecchio e nuovo e non a caso è ancora oggi legato al Carnevale, la festa celebrativa della confusione e del ribaltamento delle regole.

Macrobio sosteneva che la parola latina februarius fosse connessa ai riti purificatori. Februare infatti significa purificare, espiare.
Numa aveva dedicato questo periodo al dio Februus: in questi giorni andava purificata la città e onorati i defunti e gli appartenenti al mondo “infero”.
In questo senso i riti di febbraio potevano essere considerati speculari alle feste autunnali dedicate ai morti oggi conosciute come “Ognissanti” o “Halloween”.

Nella februatio, la purificazione della città, le donne giravano per le strade con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce. La cerimonia, legata alla Lupa che allattò Romolo e Remo, vede due giovani patrizi (chiamati luperci) correre forsennatamente, dopo un rito purificatorio, nudi e colpire nella corsa con delle corregge di pelle di capra le donne astanti. Questo rito assicurava a quest’ultime la fertilità.

Ma al legame con il mondo infero prevalsero i significati legati maggiormente all’aspetto luminoso della primavera imminente, in corrispondenza con riti agresti di propiziazione per l’anno agricolo che andava ad aprirsi.

Lupercali o Lupercalia si festeggiavano alle Idi di febbraio (il 15 Febbraio), per i romani l’ultimo mese dell’anno, e che servivano a purificarsi prima dell’avvento dell’anno nuovo e a propiziarne la fertilità.

In realtà tale rito di purificazione e fecondazione simbolica era pre – romano, quando regnava il dio Fauno simboleggiato dall’hircus, il caprone

“…la cerimonia dei due giovinetti nobili era un tipico rito di passaggio dall’infanzia alla giovinezza, mentre la corsa sfrenata dei giovani nudi e cinti di pelle di capra simboleggiava, nel finire dell’anno e nella sua rifondazione, il periodo in cui tutto si rinnovava” (1)
Con l’avvento dei Sabini, che avevano come animale simbolico il lupo (hirpus), forse per una sorta di omonimia o per un’assonanza simbolica, i due animali (lupo e caprone) fusero i loro significati.
Ma nei Lupercali appare anche Giunone, come Iunio Februata ovvero “purificata” e come Iunio Sospita ovvero la Salvatrice nelle calende di febbraio. Giunone era protettrice dei parti e della fecondità e le celebrazioni a lei dedicate assicuravano non solo fertilità alle donne ma anche la salute e la forza per portare a termine le gravidanze. Era detta anche Lucina, dea della luce.

Ancora nel 1805 nel Lunario Toscano si legge, in relazione al 2 di febbraio: 

“La mattina si fa la benedizione delle candele, che si distribuiscono ai fedeli, la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume ai gentili, che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano scorrendo per le città, mutando quella superstizione in religione e pietà cristiana”. (2)

La festa della Candelora celebrata dalla Chiesa romana al 2 febbraio fu introdotta solo nel VII secolo, adottando una festa della Chiesa orientale che festeggiava, fin dal IV secolo, la Presentazione al Tempio del Signore e la relativa purificazione rituale della madre.

Secondo la legge ebraica, infatti, la donna dopo il parto di un figlio maschio doveva rispettare un periodo di quarantena al quale seguiva una cerimonia di purificazione che le consentiva di rientrare nella comunità (Levitico 12,2-4).

Allo stesso modo Maria Vergine, 40 giorni dopo il parto del 25 dicembre, veniva purificata nello stesso momento in cui il fanciullo veniva “presentato al tempio”.
Il rito è stato ripreso nella tradizione cattolica contadina e fino al secolo scorso qualsiasi partoriente subiva la quarantena dopo il parto e la seguente purificazione che coincideva col battesimo del bambino.

Nella quarantena post partum contadina la donna doveva rispettare tutta una serie di restrizioni, come avere un vitto leggero, non mangiare carne soprattutto di maiale, non fare lavori pesanti, non avere rapporti sessuali e non uscire: “Prima del battesimo, né la mamma né il bambino uscivano” mi raccontava un’anziana, ma se dovevano uscire, anche solo in cortile per stendere il bucato, dovevano mettersi un fazzoletto in testa e la corona del rosario in mano per allontanare possibili influenze malefiche che si sarebbero estese anche al nascituro.

Per la purificazione la donna si presentava davanti alla chiesa, ma non entrava: il prete usciva dalla chiesa, le dava la candela in mano, la benediceva e solo allora ella poteva entrare in chiesa per il battesimo del bambino. (3)

L’origine del nome Candelora

Il nome Candelora deriva dall’usanza di benedire e distribuire ai fedeli le candele, così come viene fatto in altri momenti cruciali della vita cattolica: battesimo e cresima. La simbologia della luce divina del Cristo è ricollegabile ai miti del Dio Sole e della scintilla fecondatrice, benché ovviamente i significati teologici assumano differenti aspetti.
Popolarmente le candele benedette acquistano poteri terapeutici e protettivi: venivano infatti conservate e accese solo in caso di calamità: temporali molto forti, tempeste, aspettando una persona che non tornava o che si pensava fosse in grave pericolo, nelle agonie di un malato, durante le epidemie o i parti difficili.

La Candelora può assumere nomi diversi a seconda delle regioni, come Candelaia in Toscana, Ceriola, Siriola, Zariola in altre regioni.
Ma la Candelora come momento di passaggio rituale nel cerchio dell’anno è diffuso in tutte le culture di origine indoeuropea. Per le tradizioni celtiche questa ricorrenza viene chiamata Imbolc (pronuncia: Immol’c) ed è legata alla triplice Dea Brigit (o Brigid), divinità del fuoco, della tradizione e della guarigione diventata nella tradizione cristiana santa Brigida. In questa occasione, tra i vari rituali vi era l’usanza di fabbricare delle croci di paglia, chiamate appunto Bride Cross.

Il legame della Candelora con Iunio Februata è evidente nel suo significato femminile e post – partum, ma i riti legati al fuoco sono riconducibili anche ai rituali primaverili di marzo.

Cattabiani sosteneva in merito: 

“che la Chiesa abbia voluto cristianizzare non solo i riti precristiani di febbraio, ma anche anticipare quelli che si svolgevano alle calende di marzo in onore di Vesta e di Giunone e avevano come protagonista il fuoco, simbolo dell’energia divina nel cosmo secondo una concezione arcaica analoga a quella di altri popoli indoeuropei, come gli Indiani e i Persiani” . (4)

La benedizione candele è un’usanza documentata a Roma tra la fine del IX sec. e l’inizio del X sec. e pare sia di origine francese. Il suo significato simbolico è collegabile al nuovo fuoco vitale che riappare alla natura per grazia divina preparando la primavera: è il fuoco purificatore e fecondatore. In questo senso assume lo stesso significato delle corregge dei luperci di cui abbiamo accennato sopra.

Il tempo delle previsioni contadine

La posizione strategica nell’anno agricolo fa di questa data uno dei momenti di marca o demarcazione del tempo.

Il susseguirsi delle stagioni, ma soprattutto l’arrivo precoce o tardivo della primavera potevano compromettere l’intera annata successiva e, in un mondo dove non esistevano i supermercati, ciò che la terra produceva era tutto o era fame. In tal modo, al di là dei riti “cittadini” romani che scandivano e auspicavano la fertilità, i contadini erano avvezzi a guardare il cielo e subito dopo le scorte di cereali, frutta, paglia ammassate nelle sale asciutte della casa.

I proverbi sono un modo per diffondere una cultura orale. Facili da ricordare rimandano a precetti e comportamenti, sperimentati empiricamente nell’arco dei millenni.

Legati alla Candelora vi sono tutta una serie di indicazioni che evidenziano il ruolo di questo momento nel “predire” l’arrivo della primavera e le caratteristiche della stagione a venire.

Uno dei primi proverbi latini recita:

“Si Purificatio nivibus, Pasqua floribus
Si Purificatio floribus, Pasqua nivibus”

Ovvero se il 2 Febbraio c’è neve, la Pasqua sarà fiorita; viceversa se a Candelora le gemme sono già sbocciate si tratta di un falso allarme: a Pasqua sarebbe caduta la neve e l’inverno sarebbe stato lungo.

Un altro detto latino recitava così:

“Sole micante, die Purificante
frigor peior post quam ante”

Se il sole ammicca il giorno della Candelora, seguirà un freddo ben peggiore di prima.

Il primo dato che abbiamo è che il bel tempo nel giorno della Candelora non è un buon segno: anzi, si rischia di avere uno di quegli inverni lunghi, dove sono a rischio non solo le scorte alimentari ma anche quelle della legna (e ricordo che ci si riscaldava – e ci si riscalda ancora – con la legna).

A questi antichi proverbi si possono collegare i detti diffusi in tutta Italia, come i seguenti:

A Trieste si suol dire:

“Candelora piova e Bora, del’inverno semo fora
Candelora sol e vento del’inverno semo dentro!”
 *

E:

“Se nevica o gragnola dell’inverno siamo fora
Se c’è sole o solicello siamo ancora a mezzo inverno
Se c’è sole o sole tutto dell’inverno resta il brutto” 

(Toscana)

“Candelora in foglia, Pasqua in neve”

“Candelora scura dell’inverno non si ha paura”

“Se nevica per la Candelora, sette volte la neve svola”

Il concetto fu così diffuso che persino nel mondo anglosassone un proverbio recita:

“If Candlemas Day be fair and bright
Winter will have another fight
If Candlemas Day bring clouds and rain
Winter is gone and won’t come again”

Ovvero: “Se il giorno di Candelora sarà bello, tornerà di nuovo l’inverno, se invece è nuvoloso e piovoso, l’inverno è oramai finito.”

La cascina contadina ha messo da parte gli alimenti dell’estate per potere sopravvivere durante l’inverno: alla data del 2 febbraio le provviste devono essere consumate a metà. E’ così che questo si tramuta in un giorno di marca, di demarcazione.
Il legame del 2 febbraio con le scorte alimentari e le preoccupazioni relative è testimoniato da alcuni proverbi come i seguenti:

“Da Candalora, cu on avi carni
s’impigna a figghjiola”

(Calabria)

E:

“Pa Cannilora a jaddina fà l’ova
Pa Cannilora du ‘nvirn sim fora
Pa Cannilora u brascirr fora” 

(Sicilia)

A Rotello in Molise, sono molto più pratici:

“A Cannelora, a vernate jè sciute fore!
Responne Sante Biase: ‘A vernate ‘ncore trasce’;
responne a vecchierelle:
‘Quanne scekoppe a Vecachelle’;
responne u viecchie Semmejone:
‘ Se vuo’ sta cchiù secure, quanne calene i meteture’ “. 

Ovvero: “Alla Candelora l’inverno è uscito fuori (passato), risponde San Biagio (3 Febbraio): “L’inverno non è ancora arrivato”. Risponde la vecchietta. “Quando sono sbocciate le gemme” ma il vecchio Simeone conclude con saggezza: “Per essere più sicuri, quando arrivano i mietitori”.

Il tempo della Luna e il tempo dell’orso

Il contadino, nella sua conoscenza empirica legata alle osservazioni quotidiane del cielo, riteneva che il clima si potesse meglio comprendere e prevedere seguendo le lunazioni e non tanto i calendari giuliani legati al ritmo solare.
Erano ancora una volta i proverbi a ricordare la durata del mese lunare (la luna sui trenta non può arrivare e sui ventinove non può stare) e a ragionevolmente riallineare quello sfasamento che si creava con il mese solare.

La luna nuova di febbraio è una demarcazione fondamentale nell’annata contadina: se sconfina nel mese di marzo il clima sarà invernale ancora per un po’ perché sarà legato ancora alla lunazione del mese precedente.

Il novilunio di febbraio, inoltre, è quello che segna il Carnevale (poiché la Pasqua giungerà esattamente 40 giorni dopo: ovvero una lunazione e mezza, in plenilunio).

Negli anni in cui il plenilunio pasquale avviene il 22 marzo (Pasqua Alta) la quaresima incomincia con le Ceneri al 4 di febbraio. I primi giorni del mese sono dunque già giorni di Carnevale, ed includono il 2 del mese.

In ogni caso, al di là dei computi ecclesiastici, il contadino aveva bisogno di prevedere, per capire se iniziare le semine e se le scorte sarebbero bastate. Sbagliare tempo per la semina significava avere un’annata povera, e dunque la fame. Bastava una gelata primaverile a compromettere il lavoro.
Il 2 di febbraio era così un giorno fondamentale per ottenere dal cielo delle indicazioni e poter così pianificare le semine future e la posizione della luna nel mese risultava fondamentale.

In molti posti dell’Europa folklorica la Candelora viene chiamata Giorno dell’orso, o è ad esso legata. Secondo le tradizioni popolari in questo particolare giorno l’orso si sveglierebbe dal letargo e uscirebbe fuori dalla sua tana per vedere come è il tempo e valutare se sia o meno il caso di sospendere il letargo. Se il tempo è scuro non rientra più nella tana indicando che la primavera è vicina. Viceversa se il tempo è chiaro l’orso rientra nella tana e prolunga il letargo per altri 40 giorni.

In Piemonte infatti si dice:

“Se l’ouers fai secha soun ni,
per caranto giouern a sort papì”

Se l’orso fa asciugare il suo giaciglio il giorno di Candelora (cosa che starebbe a indicare tempo bello e asciutto per quel giorno) per quaranta giorni non esce più perché il freddo ritorna fino alla fine di marzo marcando un inverno lungo.

Un altro proverbio simile al primo, di origine meridionale sostiene che se il due di Febbraio il tempo è buono, l’orso ha la possibilità di farsi il pagliaio e quindi l’inverno continua.

Questa credenza riconferma quanto già esposto poco sopra e testimoniato dai detti popolari, che se fa bello il giorno di Candelora l’inverno è ancora lungo ed è quindi saggio attendere per le semine e non sciupare le scorte.

Ma Grimaldi ci ricorda in merito all’orso, ciò che già diceva Mircea Eliade, che 

“questo animale mitico, come altri quali il cane, la lumaca, la rana, sono « simboli o ‘presenze’ della luna, perché la loro forma o il loro modo di essere evoca il destino della luna»” (5)

Il legame della Candelora con il lunare ed il femminile viene ancora una volta evidenziato da questi fili, seppur sottili, ricordando una scansione del tempo non solo maschile e solare ma anche femminile ed intuitiva.

L’orso, animale della Dea Madre, si offre così nel vaticino e nelle previsioni meteorologiche, che sono anche e soprattutto previsioni di fertilità e fecondità, intimamente legate quindi alle energie del divino femminile. 

Perché collegare l’orso lunare al bel tempo solare?

“Una spiegazione in tal senso ci viene fornita dall’analisi di Gaignebet. Egli sostiene che il compito dell’orso che esce dal letargo è di raccordare il calendario solare a quello lunare.” 

Se l’orso stende il pagliericcio segnala che l’inverno sarà molto più lungo poiché il clima primaverile non coinciderà con l’Equinozio ma sarà tardivo. “Un invito esplicito ai contadini di affrontare con cautela i lavori primaverili che risvegliano la natura, poiché vi è il rischio di incorrere ancora nei temuti rigori invernali, che ghiacciano le gemme” .

Questo uscir dalla tana e vedere se è chiaro o scuro è dunque collegato alla lunazione in corso.

Se l’orso “vede chiaro” al 2 di febbraio significa che il plenilunio è vicino. Il novilunio di febbraio allora sarà tardivo, a metà o verso la fine del mese e quindi il clima freddo si estenderà anche ai principi di marzo.

Negli anni in cui invece la Candelora coincide con il novilunio di febbraio o ne è vicino (ovvero l’Orso vede Scuro) il clima sarà allineato con il mese solare e, dunque la stagione primaverile si presenterà regolarmente se non in anticipo. Occorre prepararsi.

Per ritualizzare e celebrare i poteri dell’orso, in molti paesi d’Italia si simulava una feroce caccia all’animale al cui termine l’orso catturato veniva portato all’interno del paese e fatto oggetto di dileggi e di scherzi. L’epilogo variava da zona a zona, dall’uccisione dell’orso alla sua liberazione/fuga e ritorno alla natura.

Probabilmente in passato potevano anche essere usati orsi veri, magari addomesticati e portati nel paese per la festa rituale. Negli ultimi anni e dove ancora oggi viene celebrata, il ruolo dell’orso è rivestito da qualcuno del luogo, ben travestito e che non deve essere riconosciuto fino alla fine della rappresentazione. 

Il dileggio e lo scherzo, che anticipano o si coniugano alle ilarità carnevalesche, sono tentativi esorcizzare il negativo, il pericoloso, il selvaggio. Di ricondurre nel gioco della vita le cose al loro posto, proprio esasperando il caos. In ogni caso anche i rituali dell’orso riproponevano quella tradizione che celebrava il ritorno della luce e della bella stagione.

In conclusione, volendo sintetizzare la lezione tramandataci dalla tradizione popolare, potremmo affermare che il 2 di febbraio è possibile fare il seguente vaticino: guarderemo fuori dalla finestra; se sarà una bella giornata, piena di sole e alla sera sbucherà una fantastica luna… beh, allora è il caso di prepararsi: l’inverno durerà almeno ancora 40 giorni!

Provare per credere.

Note
1 • CATTABIANI, Alfredo, Calendario, Mondadori 2003, pag. 130
2 • in: CATTABIANI, Alfredo, Calendario, Mondadori 2003, pag. 131
3 • sulle usanze contadine a riguardo vedi: M. BALICE, Il calendario rituale contadino: il ciclo della vita nel Casalese
(Tesi di laurea, A. A. 1993/1994, Corso di Laurea in Pedagogia, Università degli Studi di Torino) pag 150 e seg.
4 • CATTABIANI, Alfredo, Calendario, Mondadori 2003, pag. 130
* • Sig.ra Laila Baroli, comunicazione personale
5 • GRIMALDI, Piercarlo, Il calendario rituale contadino, Franco Angeli Torino 1993, pag. 81
6 • corsivo in: GRIMALDI, Piercarlo, Il calendario rituale contadino, Franco Angeli Torino 1993, pag. 81 – 82

Bibliografia e Fonti

LIBRI:
M. BALICE, Il calendario rituale contadino: il ciclo della vita nel Casalese
(Tesi di laurea, A. A. 1993/1994, Corso di Laurea in Pedagogia, Università degli Studi di Torino)
visionabile c/o Biblioteca Municipale Casale Monferrato – Al
CATTABIANI, Alfredo, Calendario, Mondatori 2003
DUNCAN, David Ewing, Calendario, Piemme Poket 2001
GRIMALDI, Piercarlo, Il calendario rituale contadino, Franco Angeli Torino 1993

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